La pellicola, in B/N o a colori, e i moderni sensori fotografici sono ideati e progettati per emulare esattamente le funzioni dell'occhio umano. Quindi, quale è il motivo per cui, guardando una scena che presenta parti in ombra e altre in piena luce, l'occhio riesce a cogliere tutti i dettagli, sia nelle aree luminose che nelle più scure, e invece la stessa scena fotografata presenta dei bei dettagli nitidi solo in una delle due zone? Perché l'occhio trasmette le immagini a un elaboratore superiore, il cervello, che ricostruisce l'immagine impressa nella retina, la pellicola, in modo da non perdere nessuno dei dettagli visibili di ciò che stiamo guardando. Volendo ottenere lo stesso risultato da una fotografia, dobbiamo dare un cervello alla pellicola che, al contrario dell'occhio, non lo possiede. Questo potrebbe essere stato il ragionamento che ha portato uno de più grandi fotografi del XX secolo, Ansel Adams, a realizzare il suo sistema per dare un cervello alla pellicola, il sistema zonale.

Il sistema zonale

Il sistema è una semplice scala da zero a dieci, che parte da un dato di base che vale per tutte le pellicole, sia in B/N che a colori, e anche per tutti i moderni sensori digitali: il supporto (pellicola o sensore) è progettato, semplificando molto il concetto, per avere una esposizione corretta quando la quantità di luce riflessa dal soggetto fotografato è pari a quella che sarebbe riflessa, nelle stesse condizioni, da una superficie grigia con riflettanza (rapporto tra luce che illumina il soggetto e luce riflessa) pari al 18%. In altri termini, quando si avverano quelle condizioni il supporto restituisce una immagine con il massimo dettaglio possibile concesso dalla qualità delle lenti. L'idea di Ansel Adams è stata di creare la sua scala in modo che quel valore di esposizione si trovi a metà, allo scalino V. (FIGURA 1) Come si vede in figura, la scala va da 0 a X riportando il punto di massimo dettaglio nel punto V, dove c'è l'esposizione ideale, e classificando la perdita di dettaglio dell'immagine verso le luci più alte (a destra) e verso le ombre o luci più basse (a sinistra) in ulteriori 5 scalini per parte.
Il sistema zonale
Foto 1
Il sistema zonale
FIGURA-1

L'esposimetro

Tutte le macchine fotografiche sono dotate di uno strumento chiamato esposimetro, al quale è affidato il compito di decidere l'esposizione giusta, cioè la coppia tempo/diaframma adatta a fotografare la scena che inquadriamo. Lo strumento misura la luce riflessa dal soggetto che inquadriamo e sceglie, secondo la sua programmazione, la coppia di tempo e diaframma necessaria a fotografare correttamente la scena. Gli esposimetri moderni hanno spesso molte funzioni, ma per la nostra esposizione ne prenderemo in considerazione solo due, presenti su praticamente tutti gli esposimetri montati su reflex:

Esposimetri su reflex

1. MATRICE DI PUNTI: L'esposimetro divide tutto il campo inquadrato in tante piccole zone e calcola il valore medio di esposizione tra tutte, restituendo la coppia tempo/diaframma relativa.
2. SPOT : L'esposimetro misura la luce soltanto in un'area corrispondente al 2-3% del totale al centro esatto dell'inquadratura e restituisce la relativa coppia tempo/diaframma.

Partendo dal presupposto che la sensibilità ISO del supporto (sensore o pellicola) sia sempre la stessa, le coppie restituite dall'esposimetro sono quelle necessarie a mettere nella zona V della scala nel primo caso un punto medio tra tutti quelli da lui valutati, nel secondo caso esattamente il punto corrispondente al 2-3% dell'area totale esattamente al centro dell'inquadratura. E’ evidente che nel primo caso, il software di elaborazione dell'esposimetro sceglie per noi quello che lui ritiene essere il miglior compromesso per riprendere la scena, rendendo il maggior dettaglio in una zona scelta da lui. Nel secondo caso, invece, siamo noi a imporre all'esposimetro quale deve essere la zona con il maggior dettaglio possibile. E' evidente che per decidere davvero l'effetto finale della fotografia che vogliamo ottenere, sarà necessario utilizzare la funzione spot, con una piccola aggiunta. Finora abbiamo detto che il valore ISO lo lasciamo costante, la sensibilità la decidiamo a seconda di quanto la scena è illuminata, in pieno giorno di solito restiamo su valori da 100 in giù. Un altro parametro che è bene non lasciar scegliere all'esposimetro è il diaframma, perché dalla sua maggior o minore apertura dipende la profondità di campo della nostra immagine, cioè quanto gli oggetti più o meno distanti davanti o dietro a quello che abbiamo scelto come punto di fuoco saranno a loro volta a fuoco. Quindi, scegliamo una sensibilità ISO, scegliamo il diaframma in modo da mettere bene a fuoco tutto quello che ci interessa e poi lasciamo scegliere all'esposimetro il tempo di esposizione. Cioè imponiamo un valore ISO e usiamo la funzione Av della macchina (Priorità diaframmi) imponendo il valore di diaframma.

Scala di Adams - 1

Principalmente, in due modi, ma sempre riferendosi a scene da riprendere che includano soggetti e particolari illuminati con diverse intensità luminose, quindi con aree più illuminate e altre aree meno illuminate, o in ombra. Il primo utilizzo è quello che ci permette di riprendere una qualsiasi scena con le caratteristiche sopra indicate decidendo prima dello scatto quale sarà l'area della fotografia con il massimo dettaglio, definendo anche se in quelle particolari condizioni è possibile ottenere il risultato che vogliamo oppure se bisogna attendere condizioni luminose diverse. Prendendo ad esempio la scena della FOTO 1, sono contornate le varie zone della scala di Adams, risultato ottenuto mettendo Il frontone del teatro nella zona V, cioè misurando l'esposizione SPOT sul teatro. Qui abbiamo la variazione dovuta ad una diversa scelta della misurazione SPOT (Foto 2): (FOTO 2) In questo caso la misurazione è stata fatta sul prato, che ha acquistato più dettagli, a scapito del fronte del teatro. E ora un'altra variazione di esposizione (Foto 3): (FOTO 3) In quest'ultimo caso l'esposizione SPOT è misurata sugli alberi a sinistra. In effetti, nel caso di questa foto abbiamo scelto una zona V, fatto la valutazione di dove si trovano le altre zone della scala Adams, e poi abbiamo deciso di spostare la zona V al posto della I (FOTO 2) e poi al posto della 0 (FOTO 3).
Scala di Adams - 1
Foto 2
Scala di Adams - 1
Foto 3

Scala di Adams - 2

Altro modo di usare la scala di Adams è quello di realizzare una serie di foto (ad esempio tre) della stessa scena a parità di ISO e diaframma con tempi variabili, ponendo inizialmente la zona V in un punto mediamente illuminato della scena, e realizzando in seguito altre due foto che spostino la zona in corrispondenza della III e poi della VII. In seguito le tre foto verranno riunite su livelli in modo da utilizzare di ciascuna la porzione meglio esposta, quella appartenente alla zona V. (FOTO 4) (FOTO 5) (FOTO 6) La decisione su quante esposizioni effettuare dipende dalla presenza o meno di tutte le zone della scala nella scena e dal risultato finale che vogliamo ottenere; in effetti, se ci sono aree della scena inquadrata di cui non ci interessa restituire un buon dettaglio, possiamo anche lasciarle nelle zone della scala più estreme, meno dettagliate, a favore di altre aree che invece vogliamo dettagliare di più. Il punto principale, comunque, è riuscire a visualizzare in anticipo, con l'immaginazione, ciò che succederà spostando il punto di misurazione della luce da un'area all'altra della scena, oppure farselo simulare dalla macchina fotografica in modalità “Live View”, con l'esposimetro in funzione SPOT e i valori ISO e diaframmi bloccati, cosa che il povero Ansel Adams, ai suoi tempi, non poteva fare. Chissà cosa avrebbe combinato avendo a disposizione questo vantaggio...
Scala di Adams - 2
Foto 4
Scala di Adams - 2
Foto 5
Scala di Adams - 2
Foto 6

Considerazioni finali

Bisogna imparare a "capire" la luce, l'illuminazione della scena. Quando ci sono forti contrasti, forse è inevitabile effettuare una scelta ed esporre correttamente la parte di soggetto che più ci interessa, oppure, utilizzeremo queste forti differenze di chiaroscuri come punto di forza nella fotografia che abbiamo scattato. Quando possibile scattiamo utilizzando il formato Raw: lo sviluppo del Raw ci permette di recuperare le aree troppo chiare o troppo scure, uniformando così l'esposizione dello scatto in postproduzione. Portare a "casa" una fotografia non eccessivamente bruciata o buia è sempre una ottima premessa per poter terminare il lavoro in "camera chiara"
Questa guida è stata scritta da Degomera681


Commenti (8)

daniele1357 [reply:UuEAAA]Grazie. Ora il concetto è chiarissimo!
10 anni fa 
Degomera681 Beh, ma quello che c'è scritto qui non fa testo per quello che richiede il contest, descrive un metodo a cui il contest si riferisce. Nel contest, si chiedono immagini che abbiano un buon livello di dettaglio in tutte le zone, scure o chiare che siano, indipendentemente da come si ottiene la cosa, cioè, spostando il punto di massimo dettaglio opportunamente in ripresa o effettuando un bracketing ed un successivo montaggio ad alto range dinamico.

Ciò che tu intendi per HDR è la stessa cosa che intendo io, una immagine che supera il range dinamico del sensore che l'ha prodotta. Il Tonemapping è effettivamente tutt'altra cosa.
10 anni fa 
daniele1357 Scusa ma nonostante le lunghe spiegazioni non ho capito su cosa verte il contest.
Se guardo alla risposta data a mariateresa sembra che sia proprio HDR lo scopo del contest, infatti le tre foto in bracketing stanno all' HDR come Farina, Uova, Burro, Zucchero alla Pasta Frolla, infatti ne sono gli ingredienti principali.

Io per HDR intendo la prima parte dell'elaborazione fatta dai software più comuni, escludendo però il successivo Tone Mapping, scambiato da molti per HDR.
10 anni fa 
mariateresatoledo [reply:MOEAAA]:-)) ok, grazie ho capito!! E' necessario il bracketing per fare in fase di postproduzione l'HDR. Penso, almeno, di aver capito.. :-) E pensare che ho appena finito di fare la pasta frolla...
10 anni fa 
Degomera681 Diciamo che più che una guida vera e propria al sistema, che richiederebbe molte più parole e molti più esempi, è una descrizione utile a comprendere le basi del sistema, e a chiarire i dubbi iniziali.

Devo un ringraziamento a Mirko per l'aggiunta delle Considerazioni finali.

Per rispondere @mariateresatoledo, si, la tecnica usata per le foto 4-5-6 è il bracketing, e riguardo al rapporto tra le tre foto in bracketing e un HDR, direi che è lo stesso rapporto che c'è tra Farina, Uova, Burro, Zucchero e la Pasta Frolla.
10 anni fa